ARCHIVIO GIGLI

Giacomo Balla (1871-1958)



Biografia


Giacomo Balla nasce a Torino il 18 luglio 1871 da Giovanni, cameriere, e Lucia Gianotti, sarta. Nel 1879 muore improvvisamente il papà Giovanni. FOTO 1 

Nel 1886 la mamma Lucia iscrive il figlio Giacomo alla Regia Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove frequenta le lezioni del professor Lombroso, studioso di psichiatria e antropologia criminale. Risiede in Corso Maurizio 19. Lavora prima, presso il litografo Pietro Cassina e poi, presso lo studio fotografico di Pilade Bertieri. Espone per la prima volta l’acquarello Tramonto alla 50a Esposizione della Società Promotrice di Belle arti di Torino.    

Il 29 gennaio 1895, con la mamma Lucia, si stabilisce a Roma ospite dello zio paterno Gaspare Melchiorre Balla (detto Marco) residente al Quirinale in quanto Guardiacaccia di Sua Maestà il Re. Alla fine dell’anno, sempre con la mamma, va ad abitare a via Montebello, non lontano dalla Stazione Termini. Nel 1896 si trasferiscono in una piccola casa-studio in via Piemonte 119,  a due passi da Villa Borghese: dipinge e presenta sulla via le sue opere. Entra in contatto così con Duilio Cambellotti,  Serafino Macchiati, Alessandro Marcucci e la sorella Elisa, sua futura moglie. Esegue ritratti e caricature esponendo i suoi quadri nel negozio del sarto Giacomo Foà in via del Corso per il quale lavora la mamma Lucia come sarta. 

Alla LXX Esposizione della Società Amatori e Cultori di Belle Arti del 1900 espone Il pertichino (opera rifiutata l’anno prima alla Biennale  di Venezia) accanto alle opere dell’amico scultore Giovanni Prini, conosciuto attraverso il Comandante di Marina Belsito, padre della moglie dello scultore. Nel 1900 trascorre sette mesi a Parigi, ospite di Serafino Macchiati. Alla LXXI Esposizione della Società Amatori e cultori del 1901 espone 5 opere tra cui Il sentiero per il quale riceverà un premio di incoraggiamento di 500 lire da parte del Ministero dell’Istruzione. Dal 1902 Umberto Boccioni e Gino Severini frequentano il suo studio come allievi. Alla LXXII Esposizione della Società Amatori e Cultori del 1902 è presente con 13 opere: la critica contemporanea ne decreta il trionfo. Nel 1903 è ospite del dottor Carlo Valenzano in via Salaria 13. 

Il 15 giugno del 1904 sposa Elisa Marcucci in Campidoglio: il fratello della sposa, Alessandro, e lo scultore Duilio Cambellotti sono i testimoni. Vivono nel quartiere, allora periferico, dei Parioli in un convento situato tra via Parioli 6 e via Nicolò Porpora (oggi via Paisiello). Il 13 dicembre 1904 nasce la primogenita Lucia: nel periodo futurista il suo nome diventerà Luce. Nella LXXV Esposizione della Società Amatori e Cultori del 1905 Giacomo Balla figura nella commissione di accettazione delle 948 opere: il suo Proprietario viene collocata accanto all’opera di Antonio Mancini, Modella coi fiori, creando scalpore tra la critica che giudica il fatto come un gesto di orgoglio da parte dello stesso Balla. La casa Balla ai Parioli in via Nicolò Porpora continua ad aprirsi a nuovi incontri e frequentazioni anche internazionali: nella foto scattata durante il pranzo con gli ospiti americani FOTO 2 riconosciamo Elisa con al piccola Lucia in braccio, Giacomo e le due suocere Lucia e Gianna oltre alla contessa Vimercati circondati dai grandi quadri alle pareti dedicati ai Viventi e il pastello misura naturale di Elisa in dolce attesa della piccola Lucia. 

Giacomo Balla continua a inviare le sue opere alle Esposizioni della Società Amatori e Cultori (1906, 1907, 1908, 1909, 1910) e ad altre rassegne di livello internazionale (XI Internationalen Kunstausstellung, Monaco 1905; V Exposition Internacional des Bellas Artes, Barcellona 1907; Salon d’Automne, Parigi 1909; Russia 1909-1910; Esposizione Internazionale di Belle Arti, Buenos Aires 1910).  


L’11 febbraio 1910 sottoscrive, su invito degli allievi Boccioni e Severini, il Manifesto dei pittori futuristi insieme a Carrà e Russolo; l’11 aprile sottoscrive La pittura futurista. Manifesto tecnico. Contemporaneamente dipinge Salutando, un esercizio di virtuosità tecnica che preannuncia il vorticismo futurista. Nel 1911 invia i due ritratti del Sindaco Nathan e di Cahn Speyer alla Mostra Internazionale di Belle Arti per celebrare il primo cinquantenario dell’Unità Nazionale d’Italia (Roma, Galleria Nazionale); con Alessandro Marcucci e Giovanni Cena si interessa alla campagna di alfabetizzazione dei contadini delle terre romane. Partecipa alla mostra dell’Agro Romano, volta a sensibilizzare l’opinione pubblica verso le misere condizioni di vita dei contadini: nella capanna disegnata da Duilio Cambellotti, espone opere dedicate ai contadini dell’Agro Romano e vedute di Villa Borghese vigilate dal ritratto di Leone Tolstoj.   

Nel luglio e poi nel novembre del 1912 soggiorna a Dusseldorf ospite dei coniugi Lowenstein (suonatore di violino e avvocato lui, allieva e pittrice lei) per decorare lo studio e dare lezioni alla Signora. Visita a Colonia la IV Sonderbundausstellung dove apprende le nuove tendenze della pittura espressionista. Nascono i quadri Guinzaglio in moto, Bambina moltiplicato balcone, I ritmi dell’archetto. Sviluppa un particolare interesse per la rifrazione della luce, le “gradazioni cromatiche” e realizza una ricerca sull’iride su fogli di taccuino (le cosiddette Compenetrazioni iridescenti). Studia la velocità delle auto e il volo dei rondoni: sono i capolavori dedicati alla velocità astratta e alle successioni dinamiche. Nel gennaio del 1913 è a Milano ospite dalla mamma di Boccioni: è fotografato anche con il giovane artista mentre lavora alla scultura Forme uniche nella continuità dello spazio. Inizia ad esporre nella mostre futuriste i tre quadri dedicati al movimento Guinzaglio in moto, Bambina moltiplicato balcone e I ritmi dell’archetto: contemporaneamente con la mostra personale alla Galleria Giosi in via del Babuino mette all’asta le opere divisionista e scrive BALLA è MORTO. Nel novembre, alla Galleria Gonnelli di Firenze, espone le prime quattro opere sulle velocità meccaniche e partecipa alla serata futurista al Teatro Verdi; nel dicembre, a Roma con Boccioni, partecipa alla serata futurista alla Sala Pichetti e poi visita, alla Galleria Sprovieri, la mostra sulla scultura futurista dell’amico.  

Nel 1914 espone un opera, non identificata e  dal titolo Ricerche sulla vibrazione della luce, alla mostra romana degli Amatori e Cultori. Espone e partecipa ai dibattiti culturali presso la Galleria Futurista Sprovieri sia a Napoli che a Roma. Con 10 opere dedicate alla velocità meccanica è presente alla Dorè Galleries di Londra dove riesce a vendere l’opera Spessori di atmosfera (ubicazione ignota). Nel giugno osserva con il suo cannocchiale il passaggio del pianeta Mercurio davanti al sole: ne nasce la serie pittorica con questo tema. A settembre iniziano le dimostrazioni per l’intervento in guerra da parte dell’Italia: Marinetti pubblica nella versione italiana il manifesto di Balla Il vestito antineutrale e inizia la ricerca sui “complessi plastici”. Il 30 ottobre nasce la secondogenita Elica al Policlinico romano. 

Il 18 febbraio 1915, in occasione della riapertura della Camera dei Deputati, Balla vien arrestato durante una manifestazione interventista davanti a Montecitorio a Roma, insieme  a Marinetti, Jannelli, Cangiullo e Auro d’Alba. L’11 marzo si firma Astrattista Futurista (con Depero) in calce al manifesto Ricostruzione futurista dell’Universo dove pubblica sei Complessi plastici e le indicazioni per come realizzarli. L’11 aprile , durante la terza dimostrazione interventista, Balla è arrestato per la seconda volta, insieme a Mussolini, Marinetti e Settimelli. Dipinge la serie delle Dimostrazioni Interventiste e i ciclo degli “sbandieramenti” che saranno esposti a fine anno alla Sala d’Arte Angelelli di Roma nella mostra Fu Balla – Balla Futurista. Invia 9 opere alla Panama Pacific International Exsposition di San Francisco.  

Il 17 agosto 1916 muore l’amico-allievo Umberto Boccioni: l’opera Pugno di Boccioni, realizzata da Balla come reazione impetuosa ed emotiva alla notizia, “è una sagoma grafica sintetica in cui raffigura il pittore mentre scaglia un pugno contro il passatismo”; verrà poi utilizzata da Filippo Tommaso Marinetti per la carta da lettere ufficiale della Direzione del movimento futurista.

Partecipa alla lavorazione del film Vita Futurista ideandone alcune sequenze e firma il Manifesto della Cinematografia Futurista. Nel dicembre riceve da Djaghilev l’incarico per realizzare uno scenario plastico sulle musiche di Feu d’artifice di Strawinsky: verrà messo in scena al Teatro Costanzi il 12 aprile 1917. Nel catalogo della mostra alla Galleria di Anton Giulio Bragaglia, nell’ottobre del 1918, pubblica il Manifesto del colore. 

L’8 dicembre 1918 muore, malato di cancro, lo zio Gaspare Melchiorre. Nel settembre del 1919 soggiorna a Viareggio, iniziando la serie delle Linee forza di mare. Il 4 gennaio del 1920 appare su “Roma Futurista” il manifesto Programma a sorpresa del 1920 firmato da Balla con Bruno Bottai, Gino Galli e Rocca. E’ il battesimo di Balla nella direzione del settimanale del movimento futurista: da giornale fortemente politico “Roma Futurista” si va trasformando in giornale letterario-politico e poi (dal 7 marzo) in giornale letterario-artistico. Contemporaneamente si susseguono avvenimenti patriottici e politici. Balla ha sempre in mente di realizzare “un quadro ispirato al recente fatto della presa di Fiume intitolato con il motto dei fiumani: Italia o Morte. […] Questo dipinto viene esposto, in seguito, a Milano [con il titolo A Noi] in una prima mostra del Novecento, dove fu ammirato da Benito Mussolini [in E. Balla, Con Balla, Milano 1986, pag.96-97].  

Tra il 1920 e il 1921 partecipa con 5 pitture alla Exposition internationale d’Art moderne a Ginevra, organizzata da Marinetti e Prampolini. Proseguirà nel maggio del 1921 alla Galerie Reinhardt di Parigi con Exposition des Pentres Futuristes Italiens et Conference de Marinetti. Il 15 luglio 1921 riceve l’incarico di decorare un locale notturno, il cabaret Bal Tic Tac in via Milano a Roma: si inaugura nell’inverno di quell’anno. 

Dal giugno 1922, per un anno, riceve la committenza da parte del Barone Fassini di realizzare alcune opere di soggetto figurativo, devono essere “assolutamente estranee all’arte futuristica”. In conseguenza della marcia su Roma del 28 ottobre 1922, nasce in Balla l’idea di realizzare un grande quadro patriottico. Inizia a collaborare al giornale fascista “L’Impero” con alcuni disegni che commentano il governo di Mussolini. Il 23 dicembre 1923 Luciano De Nardis gli scrive: “Carissimo Balla. sarò a Roma in primavera. Prepara il tuo lavoro per Benito. Andremo insieme da lui. E allora senti: pensa un quadro tricolore”. Progetta, quindi, il grande quadro intitolato Apoteosi Fascista pubblicato sull’ “Impero” del 17 marzo 1926. 

Nel luglio del 1923 soggiorna a Cotorniano, ospite del mecenate Aldo Ambron realizzando decorazioni di arredo per l’abitazione di campagna vicino Siena; ci ritorna nell’agosto del 1925. Il 3 agosto del 1923 Balla riceve il pagamento per i bozzetti dei francobolli commemorativi dell’avvento del Fascismo. Nel febbraio del 1924, durante una manifestazione ufficiale a Villa Borghese, Giuseppe Bottai lo presenta a Mussolini: il pittore ringrazia Bottai scrivendo “vivissssssimamente di avermi presentato a Mussolini”. Continua la collaborazione con il giornale “L’impero”. 

Nel 1925 espone nella sala dei Futuristi alla Terza Biennale Romana e alla V Exposition internationale des arts décoratifs di Parigi. Nella primavera del 1926 consegna a Mussolini una statuetta in bronzo: sulla base, sotto la firma BALLA, la scritta SONO VENUTO A DARE UN GOVERNO ALL’ITALIA. Pubblica sull’Impero del 19 febbraio lo scritto intitolato L’Arte nella Politica. Invia alla prima mostra del Novecento Italiano due opere, una delle quali è Noi, donato da Carli e Settimelli a Mussolini. Il 26 giugno 1926 riceve lo sfratto dall’abitazione ai Parioli e si trasferisce a casa del mecenate Aldo Ambron in via Aldovrandi: la famiglia Balla vi resterà 3 anni. Nel 1927 espone alla casa del fascio di Bologna le 4 opere che aveva inviato a Venezia l’anno precedente: continua a scrivere e pubblicare articoli legati all’arte e al Fascismo.    

Nel febbraio del 1928 espone quasi 100 opere pre-futuriste e futuriste alla mostra degli Amatori e Cultori di Roma.












Nel 1929 firma il Manifesto dell’aeropittura futurista: su questo tema realizzerà solo la grande tela in onore della trasvolata di Balbo, Celeste metallico aeroplano esposta alla I mostra di aeropittura futurista a Roma nel 1931.

Nel giugno la famiglia Balla insieme all’anziana mamma Lucia si trasferisce nella abitazione di via Oslavia 39 B, una casa popolare che gli viene assegnata grazie all’interessamento dell’amico critico il giornalista Michele Biancale.

Nel 1930 partecipa alla Biennale di Venezia e l’anno dopo espone alla Prima Quadriennale Romana. Dal 1932 contesta e condanna il Manifesto dell’Arte Sacra Futurista opponendosi duramente a Marinetti: si allontana dal Futurismo.    

Nel 1934 il direttore del MoMA, Alfred Barr, richiede in prestito Guinzaglio in moto: “Il carattere nettamente storico e direi quasi rivoluzionario di quest’opera la rendono indispensabile in una esposizione rappresentativa dei vari movimenti artistici del XX secolo”. L’opera è dunque esposta nella mostra Modern Works of Art e verrà acquistata da A. Conger Goodyear per 600 dollari. Con questa prima risposta positiva inizia un fervido interesse dell’America per l’arte futurista di Balla. 

Nel 1935 riceve la nomina di Accademico di San Luca, ma si dimetterà nel 1947. Nel novembre, la Galleria d’Arte L’Antonina inaugura una Mostra delle opere di pittura di Giacomo Balla di Luce e di Elica Balla: per la prima volta viene pubblicato in catalogo il grande quadro fotografico realizzato da Balla con La Marcia su Roma. Essendo iniziata la campagna con “l’arte degenerata” che il Fascismo introduce in Italia su modello hitleriano, nel 1937 Balla pubblica una lettera ufficiale sul giornale “Il Perseo” di Roma dove si dichiara del tutto estraneo all’attività dell’avanguardia futurista. All’età di 93 anni, muore nella loro abitazione, la mamma Lucia Gianotti Balla. 

In piena Seconda Guerra Mondiale, Balla si rinchiude in casa attorniato dai suoi affetti femminili e tra un quadro di Nature vive o un ritratto si diletta anche suonando la sua amata chitarra, come viene ripreso dalla figlia Luce in un quadro del 1943. Nell’ottobre del 1945, riprende i contatti con Prampolini, fondatore dell’Art Club a Roma e difensore dell’arte astratta raggruppando giovani artisti di questa tendenza. Balla inizia a dipingere un ciclo di opere neo-futuriste alternandole a ritratti famigliari chiuso nella sua casa di via Oslavia, circondato dall’Autobalmogliefiglie; poco dopo perde la sua amata Elisa il 28 ottobre 1947. 

Trascorre sempre dipingendo gli ultimi anni della sua vita; espone opere futuriste alternandole ai primi grandi lavori e alle opere del dopoguerra nelle varie Rassegne Nazionali promosse dalla Quadriennale: infatti nel 1948 riceve Benedetta Marinetti e il pittore Tato per ottenere alcune opere da esporre nella Quadriennale, dove due opere futuriste vengono acquistate dal MoMA di New York. Nel 1950 la Biennale di Venezia rende omaggio ai “Firmatari del Primo Manifesto Futurista”: Balla è rappresentato anche da Automobile e rumore della Guggenheim e Bandiere all’altare della patria di Benedetta Marinetti. Incontra i rappresentanti dell’avanguardia romana: in particolare Piero Dorazio, Achille Perilli ed Ettore Colla che gli dedicano per gli ottant’anni una mostra alla galleria Origine. In una intervista al giornalista Visentini, sottolinea: “E oggi sono contento ma anche un po’ stupito di tirare fuori le vecchie tele futuriste che avevo messo da parte vent’anni fa. Credevo fossero cose che riguardassero soltanto la mia intimità di artista: invece riguardano anche la mia storia. Tanto meglio”. Con la Velocità astratta (già Campilli) alle spalle, viene fotografato proprio negli anni Cinquanta. 

All’inizio degli anni Cinquanta, le sue opere futuriste girano il mondo da New York a Sidney e vengono acquistate (il MOMA paga un milione di lire per Lampada ad arco) anche da importanti collezionisti (Iesi, Slifka, Malbin, Mattioli).          

Nel marzo del 1956, il Presidente della Repubblica Italiana Antonio Segni conferisce al pittore Giacomo Balla la Medaglia d’Oro per gli scultori e pittori  tra i più rappresentativi tra il 1900 e il 1930: stanco e ormai anziano, incarica la figlia Elica di ritirare la medaglia. La moglie di Dorazio, Virginia Dortch, introduce il fotografo Alfredo Libero Ferretti per fotografare quadri e strumenti da lavoro dell’artista: nel 1970 la Dorazio pubblicherà il volume Giacomo Balla: an album of his life and work con l’introduzione di Giuseppe Ungaretti.   

Ormai stanco e anziano muore a Roma il 1 marzo 1958, tra gli affetti e le cure delle due vestali Luce ed Elica.  Verrà sepolto al Pincetto del Verano, il cimitero monumentale di Roma.

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